Gli scenari possibili dopo la positività di Donald Trump

Che voto mi darei per la gestione del coronavirus da zero a dieci? Dieci
-Donald Trump-


Come una meteora il covid-19 ha fatto il suo ingresso, dirompente e inaspettato, nella campagna elettorale americana a un mese esatto dal voto del 4 novembre. Come in un crudele contrappasso il virus ha colpito chi più di tutti in questi mesi ha cercato di sminuirlo e negarne l’esistenza rifiutandosi categoricamente di indossare la mascherina e rispettare le linee guida dell’OMS. Ora, con Trump risultato positivo al coronavirus, un clima di incertezza e timori aleggia sulla Casa Bianca e sulle prossime elezioni presidenziali.

La situazione – La positività di Donald Trump e della moglie Melania è stata scoperta e resa nota nella giornata di venerdì. I coniugi sarebbero stati contagiati da Hope Hicks, 31enne ex modella e tra le più strette collaboratrici del Presidente risultata positiva mercoledì, che ha accompagnato Trump e la moglie a Cleveland per il faccia a faccia con Joe Biden. Dopo una manciata di ore in cui la Casa Bianca ha cercato di rassicurare circa le condizioni di salute del presidente, che è stato isolato ma definito “stabile e in buone condizioni”, la situazione si sarebbe aggravata con l’acuirsi di sintomi tra cui tosse, febbre e affaticamento. Da qui la decisione di un ricovero precauzionale e il trasferimento di Trump al Walter Reed National Military Medical Center.

Trump ha 74 anni, è in sovrappeso, ha problemi di colesterolo e ha avuto in passato problemi cardiaci: è dunque un soggetto estremamente a rischio in caso di aggravarsi delle sue condizioni. Una situazione che, ad un mese esatto dalle elezioni, apre il campo a una serie di scenari fino a qualche giorno fa inimmaginabili.

Scenario I: Presidente pro tempore – Attualmente Donald Trump non ha rinunciato ai propri incarichi presidenziali. Nonostante la presenza di sintomi, infatti, il Presidente riesce ancora a svolgere le sue funzioni e non ha intenzione di delegare la guida del paese. Ricoverato nella suite presidenziale dell’ospedale militare, Trump avrà a disposizione un ufficio personale ed una serie di uffici per i suoi collaboratori per garantirgli la possibilità di continuare a governare anche durante il ricovero. Ma se le condizioni dovessero aggravarsi “The Donald” potrebbe essere costretto a cedere lo scettro al suo vicepresidente Mike Pence. In base al XXV emendamento alla costituzione degli Stati Uniti, infatti, “in caso di destituzione del Presidente, o in caso di decesso, o dimissioni, o di impedimento ad adempiere alle funzioni e ai doveri inerenti la sua carica, questa sarà affidata al Vicepresidente”. Un’ipotesi che, fino ad ora, si è verificato solamente in altre tre occasioni: il 13 luglio del 1985, quando Ronald Reagan subì un’operazione per rimuovere il principio di un tumore, e due volte durante la presidenza di George W. Bush, quando l’allora presidente si sottopose ad altrettanti esami di colonscopia subendo un’anestesia. Dopo Mike Pence, qualora anche lui dovesse essere impossibilitato, sulla linea di successione si trovano la speaker della camera Nancy Pelosi e lo speaker del senato Chuck Grassley. Mai però fino ad oggi la carica di presidente pro tempore è stata ricoperta da un soggetto diverso dal vicepresidente.

Il passaggio dei poteri può avvenire tramite una lettera formale firmata dallo stesso presidente in cui afferma di non essere in grado di svolgere il proprio ruolo e di volerlo per questo cedere per il tempo necessario a ristabilirsi. In caso di problema improvviso che impedisca al presidente di siglare la lettera, come può essere un aggravarsi delle condizioni di salute di Trump, il congresso ha la facoltà di destituire momentaneamente il presidente e conferire l’incarico al suo vice o al primo sulla linea di successione in grado di governare. Per quanto molto difficile, quello descritto è tutt’altro che uno scenario improbabile. Con le condizioni di Trump un aggravarsi del suo stato di salute non è infatti così impensabile ed un eventuale peggioramento potrebbe convincerlo a lasciare momentaneamente la presidenza. Proprio per questo motivo Pence, la Pelosi e Grassley sarebbero già stati allertati e, per proteggerli da un eventuale contagio, sarebbe anche stato chiesto a tutti e tre di evitare ogni tipo di contatto con lo staff del presidente.

Scenario II: cambio candidato – Ma se un momentaneo cambio alla guida del paese non è da escludere più difficile sembra l’ipotesi di un cambio di candidato da parte del Partito repubblicano in vista delle elezioni presidenziali. Secondo il regolamento del partito, infatti, il candidato può essere sostituito in caso di morte o di grave impedimento attraverso un processo identico a quello che ne aveva portato alla nomina. Qualora decidesse di cambiare il proprio candidato, insomma, il partito sarebbe chiamato ad organizzare una nuova convention nelle prossime settimane. Una convention che, se si rendesse necessaria, si svolgerebbe a distanza e che si risolverebbe molto probabilmente con una decisione unanime dei dirigenti del partito per candidare l’attuale vicepresidente, e ricandidato allo stesso ruolo, Mike Pence.

Ovviamente un eventuale cambio di nomination avrebbe ripercussioni pesanti sul partito repubblicano e per questo rimarrebbe l’ultima spiaggia da adottare solamente in casi estremi.

Scenario III: rinvio – Più probabile di un cambio in corsa, ma comunque meno probabile del regolare svolgimento della tornata elettorale, sembra essere la possibilità di rinviare di qualche tempo le elezioni per permettere a Trump di riprendersi completamente. La decisione in questo caso spetterebbe al congresso che attraverso una legge federale approvata da entrambe le camere e promulgata da Trump potrebbe fissare una nuova data per l’elezione del presidente. Ma le possibilità di uno scenario del genere sembrano essere comunque poche.


Da un lato è difficile che si possa compiere l’iter per l’approvazione della legge, con la doppia approvazione di due camere con maggioranze diverse e la firma del presidente, in meno di un mese. Dall’altro vi sono delle tempistiche stabilite dalla costituzione di cui tener conto: il mandato presidenziale scade tassativamente il 20 gennaio alle ore 12 ed oltre quella data un presidente non può restare in carica. Un congresso, insomma, non può rinviare le elezioni a data da destinarsi ma potrebbe posticiparle al massimo di qualche settimana in modo da permettere ai grandi elettori di riunirsi a dicembre ed ufficializzare il nome del nuovo presidente almeno un mese prima del 20 gennaio. Un altro nodo da sciogliere in caso di rivio delle elezioni sarebbe quello relativo ai voti già espressi. In molti stati, infatti, gli elettori hanno già espresso la loro volontà fisicamente o per posta e in caso di rinvio della tornata elettorale si porrebbe anche il problema di come valutare i voti già espressi e considerare la possibilità di far rivotare anche negli stati in cui le urne sono già aperte.

Scenario IV: tutto normale – Lo scenario più realistico, comunque, rimane quello in cui tutto si svolge come previsto. Senza un significativo aggravarsi significativo delle condizioni di Trump le elezioni si svolgeranno normalmente il 4 novembre prossimo, senza bisogno di rinvii o di nuove nomine. A risentirne sarebbero in quel caso solamente le campagne elettorali mentre rimane altamente improbabile, infatti, è l’ipotesi di rivedere un faccia a faccia dal vivo tra Biden e Trump prima del voto. Il prossimo dibattito si sarebbe infatti dovuto tenere il 15 ottobre prossimo quando Trump sarà nel migliore dei casi, ancora in quarantena anche in assenza di sintomi. Spetterà al comitato indipendente che gestisce i confronti decidere si annullarlo rimandarlo o trasformarlo in uno scontro tra candidati vicepresidenti. Intanto, in segno di rispetto, Biden ha fatto ritirare tutti gli spot elettorali in cui si attaccava Trump mantenendo solamente quelli in cui viene promosso il programma del candidato democratico. Un favore che lo staff di Trump ha deciso di non ricambiare rifiutandosi di ritirare gli spot anti-Biden.

Scenario extra: il complotto – Immancabile ed attesissima con la notizia della positività di Donald Trump è arrivata anche l’ennesima teoria del complotto. Ma quale Covid-19, Trump starebbe benissimo e avrebbe deciso di fingersi malato approfittando della positività della sua collaboratrice. Dopo il confronto con Biden, in cui ha faticato e perso voti, il presidente avrebbe infatti pensato di fingersi malato per evitare i prossimi dibattiti che avrebbero potuto consacrare il suo sfidante. Tra due settimane, poi, a ridosso dalle elezioni, ricomparirà davanti agli americani completamente guarito e potrà utilizzare la sua malattia per rilanciare la sua campagna e distogliere l’attenzione dallo scoop del NY Times sulle tasse non pagate. Dalla guarigione alle elezioni, poi, spiegherà a tutti gli americani di come il loro presidente sia stato salvato proprio grazie a quell’idroxiclorochina che da tempo spaccia per cura efficacie contro il virus a dispetto dell’intera comunità scientifica. Statunitensi in visibilio, credibilità di nuovo alle stelle e rielezione sicura. Ma si tratta di fantascienza. Anche se con Trump tutto sembra possibile.

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