La surreale vicenda del pm che denuncia il giornalista perché ha svelato i suoi errori

Nei giorni scorsi Lorenzo Tondo, giornalista del “The Guardian, ha ricevuto la notifica della prima udienza del suo processo che si terrà il 2 febbraio prossimo. La sua colpa? Aver svelato al mondo gli errori di un giudice italiano che ha condannato un innocente credendolo un trafficante.

Un grossolano errore giudiziario, di quelli che non dovrebbero accadere. Un giornalista tra i più autorevoli in tutta Europa che se ne accorge e decide di indagare. Un reportage che fa luce sulla vicenda gettando ombre inquietanti sul lavoro della magistratura. Una vicenda surreale che si chiude con la corte d’assise che dà ragione al giornalista confermando l’errore giudiziario e disponendo il rilascio dell’imputato. Ma in quella che sembra la trama di un libro c’è tempo per un ultimo colpo di scena: la notifica recapitata al giornalista che comunica l’inizio di un processo a suo carico il 2 febbraio 2022. L’accusa? Aver diffamato i pm con il suo reportage.
Ma facciamo un passo indietro. È il 2016 quando Calogero Ferrara, sostituto procuratore a Palermo, annuncia di aver disposto e portato a termine l’arresto del “Generale” Medhanie Yehdego Mered, uno tra i principali trafficanti di esseri umani. La notizia rimbalza sui principali siti di informazione d’Europa e sembra essere il punto più alto della lotta al traffico di esseri umani. Ma qualcuno si insospettisce. Secondo Lorenzo Tondo, giornalista del “The Guardian”, c’è qualcosa che non quadra in quella vicenda e decide di conseguenza di approfondirla seguendo le udienze e indagando sull’uomo arrestato. Quello che emerse da quel reportage fu clamoroso: l’uomo estradato in Italia perché considerato il più sanguinoso trafficante di esseri umani altro non era che un profugo eritreo che faceva il falegname a Khartoum con l’unica colpa di avere lo stesso nome del “generale” ricercato. Uno scambio di persona che ha portato in carcere un innocente lasciando a piede libero il vero trafficante. Perché, nonostante le inchieste di Tondo e le prove portate a processo dall’avvocato della difesa, quel processo si concluse con la condanna di Mered. Quello sbagliato, ovviamente. Solo nel 2019, dopo tre anni di detenzione in carcere, la Corte d’Assise di Palermo riconobbe l’errore ed ordinò l’immediata scarcerazione dell’uomo.
Ma le inchieste condotte dal giornalista del Guardian non sono mai state digerite dal pubblico ministero. Tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020, infatti, Ferrara ha presentato due denunce per diffamazione a carico di Tondo: la prima per i suoi post su Facebook in cui chiedeva di fare chiarezza sul caso, la seconda per le sue inchieste sul Guardian e la sua indagine parallela a quella della magistratura. Ora, conclusosi il processo di mediazione, Ferrara ha deciso di confermare entrambe le cause e Tondo dovrà presentarsi in aula per difendersi dalle accuse del PM. “Il caso di Lorenzo Tondo è emblematico delle difficoltà che vive oggi il giornalismo indipendente in Italia”, ha commentato l’avvocato nominato dal Guardian, Andrea Di Pietro, che da anni segue le peripezie giudiziarie dei giornalisti. “La critica che spesso si rivolge ai cronisti giudiziari italiani è di essere troppo dipendenti dai pubblici ministeri i quali interagiscono con la stampa solo quando questa è disposta a raccontare la loro versione dei fatti”. Criticare un PM in Italia espone i reporter al rischio di dover affrontare, nella quasi totalità dei casi, querele o denunce in un meccanismo perverso che limita la libertà di stampa.
Il caso, ora, è al centro dell’attenzione internazionale e il processo a Tondo potrebbe diventare il simbolo delle libertà di stampa violate. Sulla vicenda è intervenuta anche la Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei reporter che indicato come una potenziale “intimidazione” la doppia querela presentata da Ferrara. Un’intimidazione che, però, non può funzionare. Tondo ha ricevuto pieno supporto dal suo giornale, il Guardian, che ha deciso di sostenere interamente le spese legali mentre tutto il mondo del giornalismo europeo e non solo si è stretto intorno al collega a difesa di una libertà che deve rimanere inviolabile. Lorenzo non è solo oggi e non lo sarà nemmeno il 2 febbraio in aula.