Quirinale giorno 4: La fine della corsa per Casini e i nomi autorevoli bruciati a ripetizione
È il giorno della calma. La quiete dopo la tempesta che mercoledì ha scombussolato i piani spaccando il centrodestra e scuotendo il centrosinistra. Una giornata in cui si cerca di rimettere insieme i pezzi mentre un accordo sembra ancora più lontano.

Dopo la tempesta di mercoledì, alle 11 si è tornati in aula per votare ma questa volta le strategie sono diverse. Il centrosinistra dà indicazione ai suoi di votare scheda bianca, il centrodestra di astenersi. Così, con 441 grandi elettori astenuti, le schede bianche diventano 261 e si consuma l’ennesimo nulla di fatto nella prima giornata con il quorum a 505. Ma lo scrutinio di ieri ha dimostrato anche un’altra cosa: la forza di Sergio Mattarella. Lo hanno votato in 166, senza che nessuno lo avesse ufficialmente proposto. Sono 166 voti spontanei, 41 in più rispetto al giorno precedente, che indicano come la stima e la fiducia nel presidente uscenti sia ancora tanta. L’ipotesi di un bis resta assai remota, visto che come dice Salvini “ha già detto di no per 18 volte”, ma non così impossibile. Se tutte le altre porte dovessero chiudersi tra rifiuti e nomi bruciati la sua potrebbe essere l’ultima a cui andare a bussare facendo affidamento al suo alto senso istituzionale.
L’altro dato, come detto, è quello dei 441 grandi elettori di centrodestra che non hanno votato. La strategia, decisa all’ultimo minuto nel vertice di centrodestra di ieri mattina, aveva l’obiettivo di contarsi. Il centrodestra in questo modo sa, o pensa di sapere, che nella votazione di oggi parte da 441 voti sicuri e che, di conseguenza, ne mancano 63 per raggiungere il quorum. Ma la strategia di Salvini, che continua a vestire i panni di kingmaker nonostante le evidenti difficoltà, di falle sembra averne parecchie. In primo luogo, perché ha già dimostrato di non saper controllare i voti dei suoi che oggi, nel segreto dell’una, potrebbero non seguire le indicazioni dei tre leader. Ma soprattutto perché quella conta che doveva essere prova di forza si è trasformata in un boomerang ed il centrodestra astenendosi ha confermato di essere minoranza smentendo di fatto le ipotesi di spallata che circolano da giorni con i leader della coalizione che minacciano di eleggersi da soli il capo dello Stato. Allo stato attuale, di fatto, non sarà possibile. Soprattutto perché, ancora una volta, si registrano defezioni nello schieramento: il centrodestra ha 453 grandi elettori, ieri sono stati 441 quelli astenuti. 12 grandi elettori, pur sapendo che sarebbero stati individuati, hanno deciso di non seguire le indicazioni dei leader. Immaginatevi cosa può accadere oggi quando tutti e 453 avranno la certezza di non poter essere individuati tra i voti espressi.
Voti espressi, si. Perché oggi il centrodestra uscirà dalla logica della scheda bianche e per la prima volta proverà a votare compatto un nome: quello della Presidente del Senato Casellati. Era il nome circolato nei giorni scorsi per la possibile “spallata”, la forzatura di Salvini per provare ad eleggersi da solo il Presidente. Ora diventa un nome di ripiego per provare a dimostrare la compattezza della coalizione e la capacità di votare in blocco un candidato per far pesare quel dato in una nuova trattativa da intavolare con Letta, Speranza e Conte. Ma la Casellati, oramai, è bruciata. Così come è sfumata l’ipotesi Casini, fino a ieri iperfavorito ma cassato senza appello da Giorgia Meloni ieri mattina nella sua rottura con Salvini. “Casini è un candidato di sinistra e per noi è irricevibile” il verdetto al termine del vertice di centrodestra di ieri. In giornata, dunque, si provano a rimettere insieme i pezzi. Sembrano salire le quotazioni di Elisabetta Belloni con l’appoggio totale di FdI, l’approvazione della Lega, la gioia dei cinque stelle e un ok non troppo convinto del PD. Per qualche ora, nel pomeriggio, sembra cosa fatta. Poi qualcosa si inceppa e quello della numero uno dei Servizi Segreti diventa l’ennesimo nome bruciato. Renzi dice un no secco, LeU attacca, i più moderati del centrodestra la affondano. Alla fine è Di Maio a darle il colpo di grazia: “Profilo alto, ma non vogliamo spaccare la maggioranza”. E mentre Letta continua con la strategia attendista, più per non spaccare la maggioranza che per altro, Salvini raduna le sue truppe e cerca nomi in ogni dove. Prende contatti con il presidente di Fincantieri Giampiero Massolo e rimette sul tavolo le carte Frattini e Cassese. Il primo, di fatto, sembra messo li per fare numero. Non conosce la politica, la politica non conosce lui e, dato non da poco, ha troppi interessi per essere super partes. Il nome di Franco Frattini pare una mossa per provocare gli avversari che già si sono espressi con un secco no sull’ex ministro degli esteri. Cassese avrebbe l’appoggio di Fratelli d’Italia Lega e Pd, che lo aveva inserito nella sua rosa di nomi insieme ad Amato e Draghi, ma spaccherebbe la maggioranza con la contrarietà quasi totale di Forza Italia e Cinque Stelle.
Oggi assisteremo ad un altro nulla di fatto, con il centrodestra che si misurerà per la prima volta con il voto e il centrosinistra che punterà nuovamente sulle schede bianche mentre fuori dal palazzo si proverà a trovare un accordo. I nomi sul tavolo, come visto, sono tanti e sullo sfondo rimane quello del Presidente del Consiglio. Draghi in questi giorni ha interrotto le proprie trattative personali, iniziate con le prime votazioni, e continua a non mettere d’accordo i due schieramenti. Ma se dovessero saltare gli accordi su altri nomi sarebbe certamente pronto a lasciare Palazzo Chigi per salire al Quirinale. Rimane, insomma, una sorta di ultima spiaggia. Prima di tornare a bussare alla porta di Mattarella implorandolo di non dire no per la diciannovesima volta.
Le immagini che resteranno
- Rossoblu: Pierfierdinando Casini arriva a montecitorio sorridente indossando la sciarpa del Bologna, sua squadra del cuore. Ma quella di ieri per l’eterno centrista è la giornata in cui sfuma la possibilità di salire al Colle.
- Il caffè: Prima del vertice di centrodestra Salvini, Tajani e Toti si incontrano al bar per fare colazione. La Meloni non c’è, forse a causa della rottura del giorno prima
- Memoria: Quella di ieri è stata però anche la Giornata della Memoria. Vedere una donna sopravvissuta all’orrore dei campi di sterminio posare delicatamente la scheda con un voto (Perché come ha detto nei giorni scorsi “votare scheda bianca è irrispettoso”) suscita grande emozione. “Non può essere una giornata sola per nessuno, ma potete immaginare il giorno della memoria, quando tutti i giorni sono il giorno della memoria, per chi quella strada l’ha percorsa, per chi ha visto, per chi ha sentito, per chi ha fatto un passo dopo l’altro, una gamba dopo l’altra nella marcia della morte” ha detto ieri mattina la senatrice a vita.
