Come Trump sta ostacolando la transizione pacifica verso una nuova presidenza

Oltre a non aver ammesso la vittoria dell’avversario, Trump sta in tutti i modi cercando di ostacolare il percorso di Biden verso la Casa Bianca. Fino a quando il nuovo presidente non sarà riconosciuto non potrà collaborare con l’amministrazione uscente con gravi ricadute sul futuro e sulla stabilità degli USA.

Il concession speech non è una legge ma una tradizione tutta americana. Il momento in cui lo sconfitto ammette di aver perso e ferma gli uomini che lo sostengono, avviando la transizione del potere. Una tradizione nata più di 120 anni fa quando William Jennings Bryant inviò un cortese telegramma al neo-presidente William McKinley, due giorni dopo le presidenziali del 1896: “Il senatore Jones mi ha appena informato che il risultato indica la Sua elezione e mi affretto a porgervi le mie congratulazioni. Abbiamo sottoposto la cosa al popolo americano e il suo volere è legge”. Quella tradizione, però, quest’anno non è stata rispettata.

Dopo la vittoria di Biden, infatti Trump non ha mai fatto un passo indietro insistendo sulla teoria delle elezioni truccate e vinte dal suo sfidante solo grazie brogli elettorali. La cosa più vicina ad un concession speech è stata un tweet in cui affermava che Biden “ha vinto perché il voto è stato truccato” salvo poi puntualizzare con un secondo post in cui ha voluto ribadire la sua posizione: “ha vinto solo per i media delle Fake News. Non concederò nulla. Abbiamo una lunga strada davanti. Questa è stata un’elezione truccata. Noi vinceremo!”. Ma l’ostinazione con cui Trump, sempre più isolato, sta portando avanti la sua verità non si riflette solo in uscite pubbliche in cui grida alla frode. Dal giorno in cui Biden è stato eletto, infatti, il presidente uscente ha iniziato a muoversi per intralciare il suo insediamento e mettere in difficoltà il proprio successore.

In questi giorni Donald Trump non solo sta facendo piazza pulita rimuovendo funzionari scomodi come il capo del Pentagono Mark Esper o il responsabile della sicurezza informatica Chris Krebs, ma si sta rifiutando di collaborare con Biden per garantire una transizione il più possibile pacifica. Da tradizione americana, infatti, durante le 9 settimane che separano il voto dal giorno dell’insediamento (storicamente il 20 gennaio) l’amministrazione uscente collabora con il nuovo presidente aggiornandolo sullo stato della nazione e sulle principali sfide che dovrà ereditare. Una tradizione tutta americana, come il concession speech, necessaria affinché il nuovo leader possa preparare al meglio il suo insediamento ed essere subito in grado di affrontare i problemi degli Stati Uniti. Nel 2016, ad esempio, il neoeletto Trump organizzò un team composto da 328 persone che collaborarono con 42 agenzie federali. Obama nel 2008 ne assunse 349 per avere contezza del lavoro di 62 agenzie. Anche su questo fronte, però, nessuna apertura è arrivata da Donald Trump che ha anzi impedito a Biden di organizzare persino i consueti incontri con l’apparato amministrativo e con l’intelligence. Nessun aggiornamento sulla diffusione del coronavirus, nessun invito a partecipare ai briefing governativi anti covid-19 né a quelli sulla sicurezza nazionale, nessuna possibilità per lo staff di Biden di collaborare con agenzie governative.

La chiusura totale di Trump sta costringendo il prossimo presidente degli Stati Uniti a correre ai ripari organizzando soluzioni “fai da te”. Martedì si è riunito con una task force di esperti, scelti appositamente tra chi non ha alcun legame con la Casa Bianca, formata appositamente per analizzare la situazione attuale e studiare le risposte da mettere in campo dal 20 gennaio in poi. Una task force che, per quanto composta da esperti nei vari settori, può avere uno sguardo solamente parziale non avendo accesso a molte delle informazioni di cui dispone la Casa Bianca. Si pensi ad esempio alle informazioni riservate relative alla sicurezza nazionale o alle proiezioni sullo sviluppo pandemico o su un eventuale vaccino. Tutto ciò che non è pubblico e conosciuto Biden potrà scoprirlo solo il 20 gennaio al momento del giuramento. Per quel che riguarda il covid-19 e la possibile diffusione di un vaccino, poi, la mancata condivisione di informazioni potrebbe avere effetti catastrofici. Ad oggi Biden e il suo staff non hanno idea di come sotto l’amministrazione Trump il Dipartimento della Salute e il Pentagono stiano lavorando per la diffusione del vaccino ed ereditare una situazione già avviata senza conoscerla potrebbe portare a ritardi o blocchi con effetti devastanti. A testimoniare la pericolosità della situazione, i vertici dell’American Hospital Association, dell’American Medical Association e dell’American Nurses Association hanno rilasciato martedì una dichiarazione congiunta esortando l’amministrazione Trump a condividere “tutte le informazioni critiche relative a COVID-19” con Biden.

Oltre agli evidenti disagi che ciò comporta per l’insediamento di Biden, il Center for Presidential Transition ha evidenziato come ciò inciderà in maniera pesante sulle nomine che il neopresidente sarà chiamato a fare una volta alla Casa Bianca. L’ente indipendente incaricato di vigilare sulle transizioni presidenziali ha infatti sottolineato come il mancato riconoscimento di Biden come vincitore e la conseguente totale mancanza di collaborazione allungherà i tempi di nomine strategiche “indebolendo così la capacità del governo di proteggere la nazione e gestire la diffusione del vaccino”. Se Biden ha infatti già indicato i nomi a cui intende affidare alcuni incarichi sensibili, fino a quando non ci sarà un riconoscimento ufficiale non potranno essere compiute le procedure di verifica sull’idoneità della nomina. Mentre i suoi predecessori sono riusciti a nominare gli oltre 1.200 funzionari entro i primi 100 giorni di governo, per Biden sarà un’impresa pressoché impossibile che rischia di lasciare a lungo scoperte alcune posizioni particolarmente sensibili allungando i tempi per una piena attivazione della macchina amministrativa americana ed esponendo il paese a rischi maggiori in una situazione già complicata.

Fino a quando la General Services Administration, guidata da fedelissimi di Trump, non certificherà la vittoria di Biden non ci sarà dunque alcuna collaborazione tra i funzionari dell’amministrazione attuale e il team del prossimo presidente statunitense. Ma mentre molti repubblicani iniziano a schierarsi contro il presidente che grida al complotto, Trump continua a non voler ammettere la sconfitta rilanciando la teoria dei brogli elettorali in quella che appare come la transizione più tesa della storia americana.

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