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Colpo alla mafia del Gargano: 48 arresti, c’è anche consigliere di Fratelli d’Italia

L’operazione “Omnia Nostra” ha portato alla luce gli interessi di un nuovo gruppo criminale nell’area garganica. Il sodalizio criminale, che avrebbe operato come metodologie mafiose, avrebbe avuto rapporti stabili anche con il consigliere comunale di Fratelli d’Italia.

È un colpo durissimo alla mafia del Gargano, forse il più duro che si sia mai inferto all’organizzazione. Trentadue arresti e sedici indagati per un totale di quarantotto soggetti coinvolti nell’operazione “Omnia Nostra”, coordinata dalla DDA di Bari, che ha disarticolato il clan Romito-Lombardi-Ricucci, egemone a Manfredonia e Mattinata e con proiezioni in tutta l’aera garganica. Secondo gli inquirenti, a seguito della strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, da una costola del clan Montanari sarebbe nato un nuovo gruppo criminale operante nella zona del Gargano e riconducibile alla famiglia Romito. Stando a quanto si legge nelle carte dell’inchiesta, i 48 soggetti coinvolti avrebbero “costituito, diretto e comunque preso parte ad una associazione mafiosa, armata, formata da più di dieci persone, dotata di una struttura gerarchica con vincoli di assoggettamento e ruoli ben delineati, caratterizzata dalla forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà, avente la finalità di controllare il territorio dal punto di vista economico e anche dal punto di vista militare”. Si tratterebbe, se le ipotesi di reato dovessero essere confermate, di una vera e propria associazione mafiosa operante sul Gargano.

Tra i nomi degli indagati spicca però un nome noto della politica locale: Adriano Carbone, commercialista e neoconsigliere comunale a Manfredonia e commissario cittadino di Fratelli d’Italia a sostegno della coalizione di centrodestra vincitrice alle recenti Comunali. Secondo il gip, che ha chiesto i domiciliari, Carbone avrebbe favorito imprese legate al clan “al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, ovvero di agevolare la commissione dei delitti di cui agli art. 648bis e 648ter del codice penale”. Si tratta del secondo grattacapo in poche settimane per il partito di Giorgia Meloni che già siera vista bocciare, a due giorni dal voto, la candidatura di Matteo Troiano bollato come impresentabile dalla Commissione Antimafia. Ora Carbone, il più votato tra i candidati di Fratelli d’Italia alle amministrative di novembre, potrebbe essere costretto alle dimissioni dal neosindaco Rotice intenzionato a non sbagliare nulla dopo due anni di commissariamento per mafia.

Ma mentre Carbone rappresenta il lato peggiore dello stato, il procuratore di Bari Roberto Rossi ha sottolineato che “con la battaglia che stiamo combattendo su questo territorio, dove lo stato sta mostrando tutta la sua forza, arriverà il momento in cui la mafia sarà solo un ricordo”. Un obiettivo concreto che per essere raggiunto ha bisogno la collaborazione di tutti. Come sottolineato dal Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero de Raho, infatti, sul Gargano “non c’è una sola denuncia, eppure sono tante le vittime, la pressione è stata capillare, amplissima. Se i cittadini non danno una mano, se non denunciano, se non si sollevano contro la pressione mafiosa, lo Stato impiegherà tempo a debellarla, mentre con l’aiuto di tutti, anche in pochi anni, le mafie potrebbero essere totalmente annientate”. Messaggi di speranza che restituiscono senso e fiducia nelle istituzioni. Per ribadire un’altra volta che, insieme, si può vincere questa guerra che sembra infinita.

Il Comune di Foggia sciolto per mafia: come i clan condizionavano la politica

Il Comune di Foggia diventa il primo capoluogo pugliese ad essere sciolto per infiltrazioni mafiose. Alla base della decisione del Ministero dell’Interno vi sarebbero diversi episodi di connivenza tra amministrazione comunale e clan locali.

La notizia è passata un po’ in sordina, un po’ perché attesa da tempo, un po’ perché il consiglio comunale di Foggia è già stato sciolto, in via ordinaria, a seguito delle dimissioni rassegnate dall’ex sindaco Franco Landella lo scorso 4 maggio e non revocate nel termine dei 20 giorni dalla loro presentazione. Ma la breve nota con cui il Ministero dell’interno “ha deliberato l’affidamento a una commissione straordinaria della gestione del Comune di Foggia, già sciolto a seguito delle dimissioni del sindaco” ha un peso enorme e un significato profondo. Una frase che sembra non dire nulla ma che racchiude tutto in una sola parola: “Straordinaria”. Commissione straordinaria significa che il comune di Foggia è sciolto ufficialmente per infiltrazione mafiosa ai sensi dell’art. 143 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).

Era lo scorso 9 marzo quando in Comune si era insediata la Commissione d’accesso agli atti, inviata dal Viminale per verificare la presenza o meno di condizionamenti della criminalità organizzata nell’ente comunale. Il lavoro è durato poco più di quattro mesi, rispetto ai sei previsti, poi la relazione con l’esito degli accertamenti è stata consegnata al prefetto di Foggia, Carmine Esposito che ha redatto il documento finale con le motivazioni alla base dello scioglimento. Ed ora c’è anche il timbro del Governo. A Foggia le istituzioni cittadine erano pesantemente condizionate dalla criminalità organizzata e per questo non possono continuare a governare la città. Ed ora la città non andrà ad elezioni, come sarebbe accaduto se fosse continuato il commissariamento ordinario, ma si prepara ad almeno un anno e mezzo di gestione commissariale con la guida della città che dovrebbe rimanere in mano all’attuale commissaria Marilisa Magno.

Secondo le prime indiscrezioni, il principale tema toccato dalla Commissione di accesso nei quattro mesi di lavoro sarebbe quello relativo alle politiche abitative con alloggi assegnati ad esponenti della criminalità organizzata, dai Moretti ai Sinesi passando per i Francavilla. A loro e ai loro familiari, secondo quanto rilevato dalla Commissione, sarebbero infatti stati concessi alloggi popolari anche in assenza dei requisiti sottraendoli così di fatto a chi ne avrebbe avuto realmente bisogno. A questo si aggiunge la mancata richiesta di certificazioni antimafia da parte del comune ad aziende destinatarie di importanti appalti pubblici in Città, vicenda che vede coinvolto in prima persona l’ex sindaco Landella che per questo motivo rischia l’incandidabilità.

Insomma, l’operato dell’amministrazione comunale negli ultimi anni è stato poco limpido e troppo spesso connivente con settori della criminalità organizzata locale. Una connivenza che ha condizionato l’andamento della politica pubblica costringendo il Governo ad intervenire per ripristinare l’ordine democratico minacciato da una mafia sempre più forte. Perché nel silenzio generale la mafia foggiana sta aumentando il proprio potere e la propria influenza. Proprio per questo serve una risposta istituzionale forte e decisa. Proprio per questo non è tollerabile una politica che faccia affari con la criminalità. 

I tentacoli dei clan sul Foggia Calcio tra estorsioni e pressioni su società e allenatori

Dai recenti processi alla criminalità organizzata foggiana è emerso come i clan avessero allungato i propri tentacoli anche sul calcio tra estorsioni e ricatti alla proprietà e all’allenatore del Foggia Calcio.

Da sempre il mondo del calcio è stato terreno fertile per gli affari delle mafie. Le organizzazioni criminali, italiane e non solo, da decenni hanno allungato i propri tentacoli sullo sport più amato degli italiani alla ricerca di profitto, potere e consenso sociale. Per questo non sorprende che anche la “quarta mafia” foggiana, dimostrando di aver imparato dalle altre organizzazioni criminali italiane, abbia tentato di condizionare la gestione del Foggia Calcio.

I recenti processi “Decima Azione” e “Decimabis” hanno infatti portato alla luce gli interessi della criminalità organizzata foggiana per la società militante in Serie C. I giudici hanno sottolineato come “i membri della Società Foggiana hanno imposto alla società sportiva Foggia Calcio la stipulazione di contratti di ingaggio nei confronti di soggetti vicini all’associazione di cui all’art. 416 bis c.p., pur non disponendo di qualità sportive significative. Al riguardo, si osserva che i dirigenti (Di Bari Giuseppe, direttore sportivo) ed allenatori (De Zerbi Roberto) del Foggia Calcio lungi dal denunciare l’accaduto — come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, affidandosi alla forza dello Stato per sradicare fenomeni di mantenimento parassitario come quello attuato e realizzato dagli odierni imputati — hanno preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste formulate, abiurando anche a quei valori di lealtà e correttezza sportiva che dovrebbe ispirare la loro condotta”. 

Esponenti della criminalità foggiana, dunque, avrebbero fatto pressioni sulla società affinché ingaggiasse giovani affiliati ai clan senza alcun merito sportivo. Pressioni che, in qualche caso, avrebbero effettivamente portato rampolli delle famiglie criminali foggiane ad allenarsi con la squadra rossonera. Come sottolineato dai giudici nella sentenza, infatti, le sempre più insistenti richieste di Francesco “u’ sgarr” Pesante avrebbero fatto crollare l’allora presidente Sannella costringendolo ad assicurare un contratto a Luca Pompilio, cognato di Ciro Spinelli detenuto per omicidio, nonostante fosse completamente privo dei requisiti atletici e tecnici per giocare in una squadra professionistica. Per il giudice “è di meridiana evidenza, dunque, che in disparte ogni facile ironia sulla palese inadeguatezza calcistica del Pompilio, il contratto venne stipulato unicamente per le pressioni esercitate dal Pesante, che aveva anche manifestato la sua determinazione al Sannella, al Di Bari Giuseppe ed allo stesso allenatore De Zerbi Roberto, rappresentando loro di avere libero accesso agli spogliatoi, dove li avrebbe raggiunti con intenzioni non certo amichevoli”. Ma quello di Pompilio, smentito con forza dalla società e dall’allenatore, non sarebbe l’unico caso essendo emerso dalle indagini anche il tentativo di far ingaggiare anche il figlio del boss Rodolfo Bruno, ucciso il 15 novembre 2018 in una faida tra clan.

Arrivare ai vertici del Foggia Calcio, d’altronde, per la criminalità organizzata non è stato difficile. Dalle indagini è emerso come nella lista delle imprese costrette a pagare il pizzo alla mafia foggiana ci fosse anche la “Tamma – Industrie alimentari srl” di proprietà proprio di Franco e Fedele Sannella, i due imprenditori che di lì a poco avrebbero ceduto il Foggia Calcio perché sommersi dai debiti. I due fratelli sarebbero stati costretti dai clan ad un pagamento di tremila euro ogni mese da destinare alla “cassa comune”, una sorta di salvadanaio mafioso utilizzato per mantenere le famiglie dei clan e pagare le spese legali. La disponibilità a pagare senza denunciare da parte dei due imprenditori avrebbe convinto gli uomini dei clan a fare un salto di qualità puntano dritti sul mondo del calcio grazie alla disponibilità dei Sannella.

Nonostante le continue smentite dei fratelli Sannella e degli altri interessati, da De Zerbi a Pompilio, sembra dunque certo il tentativo della “quarta mafia” di seguire le orme delle altre organizzazioni criminali italiane sfruttando le opportunità offerte dal mondo del calcio. L’ingaggio di giovani rampolli dei clan nella squadra simbolo della città avrebbe infatti permesso un rafforzamento significativo di quel consenso sociale di cui le mafie si nutrono aprendo per la mafia foggiana nuovi ulteriori canali da sfruttare all’interno della società. 


Vuoi sapere di più sugli interessi della criminalità organizzata nel mondo del calcio?

Corri a rileggere il nostro speciale “Pallone Criminale”, quattro articoli che ti porteranno alla scoperta della presenza mafiosa nello sport più seguito dagli italiani. Un viaggio nel tempo e nello spazio che dalle serie minori arriva fino alla Serie A dei giorni nostri.
Tutti gli articoli li trovi qui: https://pocketpress.news/pallone-criminale/

I rapporti tra sindaco e clan che spingono Foggia verso lo scioglimento

A Foggia la Commissione di accesso che dovrà valutare un possibile scioglimento del comune sta rilevando pesanti anomalie. Non solo una diffusa penetrazione criminale in ampi settori della pubblica amministrazione, ma anche pesanti legami tra il sindaco e i clan.

“L’insediamento della Commissione d’accesso agli atti del Comune di Foggia è una bella notizia per la nostra città. La trasparenza e la legalità sono i capisaldi dell’amministrazione che sono onorato di guidare e il vaglio della prefettura non potrà che accertarlo”. Erano state queste le parole con cui Franco Landella, sindaco di Foggia eletto con Forza Italia e passato alla Lega, aveva accolto la decisione di applicare l’art. 143 comma 2 del Testo Unico degli Enti Locali e disporre verifiche su possibili infiltrazioni nell’ente. Ora, però, quella stessa commissione avrebbe a disposizione documenti che accerterebbero, non solo una pesante infiltrazione mafiosa nell’amministrazione pubblica, ma anche legami pericolosi tra il primo cittadino e i clan.

Nella relazione sulla situazione del comune che le forze dell’ordine hanno consegnato alla Commissione, infatti, vi sarebbe anche un paragrafo interamente dedicato al sindaco eletto nel 2019 alla guida di una coalizione di centrodestra. “Il sindaco di Foggia” si legge in uno dei passaggi del documento “nel corso della campagna elettorale per le elezioni regionali della primavera 2010, ha annoverato tra i suoi più fattivi sostenitori alcuni componenti della famiglia Piserchia, noti pregiudicati in materia di traffico di stupefacenti”. In quell’anno, dopo due mandati da conigliere comunale, sfiorò l’elezione a consigliere regionale risultando il candidato più votato nella circoscrizione di Foggia. Voti che, secondo gli inquirenti, sarebbero almeno in parti stati ottenuti grazie all’appoggio dei clan. Oltre a questo, “La moglie del sindaco” si legge “è cugina di primo grado di Claudio Di Donna detto ‘Setola’, coinvolto dal 2009 in vicende penali per associazione a delinquere di stampo mafioso, che, al di là dell’esito processuale, evidenziano la contiguità se non l’organicità dello stesso all’organizzazione mafiosa Società Foggiana”. Lo stesso Di Donna che, tra l’altro, fu coinvolto nel maxi blitz “Double Edge” che nel 2002 portò all’arresto di 31 persone tra cui alcuni degli esponenti apicali della criminalità organizzata foggiana. Nell’ultima campagna elettorale, proprio da Di Donna arrivò il supporto al candidato sindaco con un video girato davanti ad un comitato elettorale di Landella in cui invitava i propri concittadini a votare per la coalizione di centrodestra.

Il sindaco ha smentito ogni suo possibile legame con i clan sostenendo che si tratti di una “colossale macchina del fango” messa in moto dai suoi oppositori. Quello che rimane, però, è una relazione nelle mani della commissione che dovrà pronunciarsi circa la possibilità di uno scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. Un provvedimento che sembra sempre più possibile visto che, oltre alle relazioni pericolose del primo cittadino, sono emersi pesanti condizionamenti della pubblica amministrazione. Secondo i documenti in possesso della Commissione, e parzialmente svelati da Repubblica, i clan storici della città avrebbero stretto un accordo per massimizzare la propria influenza sulla politica locale. Clan storicamente opposti come i Moretti-Pellegrino-Lanza, i Sinesi-Francavilla e i Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, avrebbero deciso di unirsi per condizionare l’amministrazione pubblica ottenendo concessioni e appalti in ogni settore: dai tributi alla gestione del cimitero, dalla manutenzione delle strade a quella del verde. I clan a Foggia controllano tutto, e non solo metaforicamente visto che tra gli appalti che sarebbero finiti nelle mani della criminalità organizzata vi sarebbe anche quello relativo agli impianti di videosorveglianza che consentirebbe agli uomini dei clan di controllare letteralmente ogni angolo della città.

Landella nega tutto e si dice sicuro di un epilogo favorevole ma nel frattempo rimane sempre più isolato. Non sembrano infatti altrettanto convinti i consiglieri della maggioranza che, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbero pronti a dimettersi prima della scure del governo che potrebbe definitivamente chiudere il caso. Un modo, insomma, per prendere le distanze da Landella e ripresentarsi come se nulla fosse alla prossima tornata elettorale. Intanto, però, Foggia aspetta di sapere cosa accade realmente nei palazzi del potere cittadino.

Scacco alla mafia Foggiana: 40 arresti nella notte e L’Antimafia invoca lo scioglimento del comune.

Nella notte è scattata l’operazione “Decimabis” con l’arresto di 40 appartenenti ai tre principali clan della “Società Foggiana”. Tra gli arrestati anche dipendenti del comune di Foggia il cui coinvolgimento ha gettato ombre inquietanti su una possibile infiltrazione più profonda della criminalità nell’amministrazione pubblica.

A Foggia e provincia va in scena una “generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti”. In sostanza, secondo quanto rivelato dagli investigatori, non c’è settore economico che la mafia foggiana abbia risparmiato. Per questo motivo questa mattina centinaia di agenti di polizia e carabinieri hanno eseguito un provvedimento cautelare nei confronti di 40 indagati ritenuti appartenenti o contigui all’organizzazione mafiosa e responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, usura, turbativa d’asta e traffico di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso. In manette sono finiti tra gli altri anche due esponenti apicali della società foggiana: i boss, appartenenti ai clan omonimi, Federico Trisciuoglio e Pasquale Moretti. L’indagine, denominata “Decimabis”, è scaturita dagli attentati di inizio anno ed è la prosecuzione dell’operazione “Decima Azione” conclusasi nel novembre 2018 con 30 arresti.

Con questa operazione le forze dell’ordine hanno colpito i tre clan più influenti del foggiano in grado negli ultimi mesi di imporre il proprio potere sul territorio: i clan Sinesi-Francavilla, Moretti-Pellegrino-Lanza e Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe. Le tre famiglie secondo gli inquirenti avrebbero siglato una sorta di patto di non belligeranza per calmare le acque dopo gli arresti del 2018 spartendosi il territorio per massimizzare i profitti senza generare clamore. In questo modo avrebbero di fatto tenuto sotto scacco l’intera provincia foggiana imponendo il pizzo a imprenditori e commercianti senza risparmiare nessuno. Dalla ristorazione all’edilizia passando addirittura per il mercato settimanale di Foggia, tutte le attività economiche del territorio sarebbero costrette a sottostare alle estorsioni dei clan per non subire conseguenze. E chi si ribellava rifiutandosi di pagare vedeva la propria attività danneggiata come testimoniano le bombe esplose a ripetizione a inizio anno in tutta la provincia. “È emersa” si legge inoltre nell’ordinanza “l’esistenza di una lista contenente i nominativi degli imprenditori sottoposti ad estorsione, circostanza sintomatica di una vera e propria cappa di sopraffazioni e abusi in danno dei settori produttivi operanti nella città di Foggia”.

Pur se contrapposte da sempre per una questione di leadership interna, dunque, le tre “batterie” si sarebbero ritrovate unite nella condivisione degli interessi economico-criminali, gestiti secondo schemi di tipo consociativo. Fondamentale per la ricostruzione delle attività e dei ruoli all’interno della società foggiana è stato il ruolo di tre collaboratori di giustizia che hanno spiegato agli inquirenti il funzionamento della mafia che, secondo le parole di Cafiero de Raho, è attualmente “il nemico numero uno dello stato”. Tra i collaboratori di giustizia, oltre ad Alfonso Capotosto e Carlo Verderosa che da ormai diverso tempo sono noti per le loro rivelazioni, è emerso per la prima volta il nome di Giuseppe Folliero la cui collaborazione dura da due anni ma è sempre stata tenuta nascosta proprio per garantire il buon esito di questa operazione. Proprio grazie alle rivelazioni dei collaboratori di giustizia gli inquirenti hanno potuto accertare l’infiltrazione della criminalità organizzata anche nell’amministrazione pubblica. In manette è infatti finito anche un dipendente del comune di foggia, in servizio all’Ufficio ‘Dichiarazione Morte Stato Civile’ e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, che avrebbe fornito ad esponenti della batteria Sinesi-Francavilla, i nomi delle persone decedute, funzionali al compimento di attività estorsive nei confronti delle agenzie funerarie. Un altro dipendente pubblico, poi, avrebbe fornito ai clan informazioni su bandi e appalti pubblici per favorire l’accesso dei clan ad importanti opere nel settore dell’edilizia.

Proprio il coinvolgimento di dipendenti pubblici collegati, in modo più o meno diretto, alla società foggiana ha portato il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia a prendere una posizione dura. Nicola Morra, infatti, ha chiesto l’istituzione di una commissione d’accesso al Comune di Foggia come strumento di verifica per accertare fino a che punto la presenza criminale sia permeata negli uffici pubblici e verificare se vi siano i presupposti per lo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. “Per dissipare qualsiasi ombra sul Comune di Foggia” ha detto Morra “chiedo che la ministra Lamorgese si attivi immediatamente così da poter dare risposte concrete ai cittadini foggiani che devono potersi fidare dello Stato cominciando dal proprio organo di amministrazione comunale”.


I nomi di tutti gli arrestati nell’operazione di oggi:

Federico Trisciuoglio nato a Foggia il 20.10.1953
Felice Direse nato a Foggia il 20.11. 1969
Gioacchino Frascolla nato a Foggia il 20.04.1985
Antonio Riccardo Augusto Frascolla detto ‘Antonello’ nato Foggia il 17.02.1990
Raffaele Palumbo nato a Foggia il 23.01.1984
Antonio Verderosa detto ‘Sciallett’ nato a Foggia il 26.05.1968
Marco Gelormini nato a Foggia il 10.04.1986
Ivan Narciso nato a Foggia il 08.06.1990
Michele Carosiello nato a Cerignola il 30.08.1980
Giusepep Perdonò nato a Foggia il 01.02.1988
Massimiliano Russo nato a Foggia il 11.06.1975
Michele Cannone nato a Foggia il 22.09.1970
Marco Salvatore Consalvo nato a Foggia il 16.08.1975
Michele Morelli detto ‘Pace e cui’ nato a Foggia il 08.06.1989
Savino Ariostini detto ‘Nino55’ nato a Foggia il 01.04.1969
Alessandro Aprile ‘Schiattamorti’ nato a Foggia il 27/02/1984
Francesco Tizzano nato a Foggia il 20.01.197
Antonio Salvatore detto ‘Lascia Lascia’ nato a Foggia il 26/02/1991
Francesco Pesante nato a Foggia il 04/01/1988
Ivan Emilio D’Amato nato a Foggia il 11/07/1973
Massimo Perdonò nato a ·Foggia il 11/09/1977
Ernesto Gatta nato a Foggia il 02.06.1974
Giusepep De Stefano nato a Foggia il 01.03.1982
Antonio Vincenzo Pellegrino detto ‘Capantica’ nato a Foggia il  13.06.1952
Antonio Miranda nato a Foggia il 05.09.195
Tommaso Alessandro D’Angelo nato a Foggia il 18.08.1985
Domenico Valentini nato a Foggia il 15.08.1972
Rocco Moretti nato a Foggia il 29.05.1997
Nicola Valletta nato a Cerignola il 03.07.1986
Leonardo Gesualdo detto il ‘Vavoso’ nato a Foggia il 28.06.1986
Pietro Stramacchio nato a Foggia il 06.09.1976
Pasquael Moretti nato a Foggia il 11.05.1977
Benito Palumbo nato a Foggia il 05.08.1987
Mario Clemente nato a Foggia il 12.08.1980
Adelio Pio Nardella nato a Foggia il 29.02.1966
Sergio Ragno nato a Foggia il 29.05.1977
Ciro Stanchi nato a Foggia il 14.12.1973
Giovanni Rollo nato a Foggia il 18.08.1987
Alessandro Alessandro nato a Foggia il 13.01.1979
Marco D’Adduzio nato a Foggia il 21.09.1968 (agli arresti domiciliari)