Quirinale giorno 3: un terremoto fa cadere il kingmaker Salvini, mentre spunta San Sergio Mattarella
Doveva essere il giorno decisivo e lo è stato. Non per la votazione, chiusa con 412 schede bianche e la terza fumata nera, ma per tutto quello che le ruota intorno. E adesso Salvini, che fino a ieri aveva in mano il pallino del gioco, ha sprecato tutto ed è stretto tra due fuochi.

È la giornata nera di Salvini. Il protagonista di questa corsa al Colle viene messo all’angolo da avversari ed alleati. Il kingmaker all’improvviso si trova solo, stretto tra due fuochi, nella giornata che sperava essere decisiva. Ma andiamo con ordine. Terza votazione in cui non cambia la sostanza, con 412 schede bianche che portano alla terza fumata nera in tre giorni. L’ultima, però, con il quorum a 673 grandi elettori visto che da oggi basteranno 506 voti per eleggere il Capo dello Stato.
Ma una novità c’è e riguarda i nomi. E questa volta non parliamo di quei nomi assurdi, su cui abbiamo più volte calcato la mano sottolineandone l’inopportunità, infilati nell’insalatiera da qualche senatore che pensa di essere simpatico. Lo spoglio alla Camera stavolta è meno monotono dei giorni precedenti: “Mattarella, Mattarella, bianca, Crosetto, bianca, S. Mattarella, Crosetto”. A Montecitorio qualcosa è cambiato sia a destra che a sinistra. A sinistra si vota il presidente uscente come attestato di stima. 125 Voti spontanei, non indicati da un partito o dallo schieramento, ma che servono a misurare il clima che si respira in un’aula in cui inizia anche a girare un santino che ritrae l’ex presidente con saio e aureola. A destra invece il nome di Crosetto è un chiaro segnale politico. È, di fatto, lo strappo di Giorgia Meloni dopo una discussione con il leader leghista sulla possibile candidatura della Casellati come nome per il Centrodestra unito. Una prova di forza che mette all’angolo il kingmaker Salvini. La leader di Fratelli d’Italia decide di uscire dalla logica delle schede bianche e chiede ai 63 grandi elettori del suo partito di votare l’ex deputato azzurro. Ma nel segreto dell’urna succede qualcosa di inaspettato, forse, anche per lei. Dall’insalatiera di voti per Crosetto ne escono 114.
Le ricadute sono immediate ed impreviste. Quei 51 voti in più al candidato di FdI sono un’indicazione ben precisa: anche nella Lega ci sono franchi tiratori. Lo spettro dei “101”, in politica sinonimo di tradimento dal 19 aprile 2013, aleggia sul centrodestra e costringe Salvini cambiare strategie. Nel pomeriggio è di fatto costretto ad abbandonare l’idea della “spallata”, scartando l’ipotesi di un voto alla Casellati già da oggi per provare ad eleggerla grazie ai voti di un centrodestra che credeva compatto. Da quel momento in poi è il caos. Il leader leghista in preda alla frenesia sembra incapace di mettere insieme i pezzi ed elaborare una nuova strategia. “Qui è tutto completamente per aria” commenta Enrico Letta in serata, “e stavolta non per colpa nostra”. È la fotografia perfetta di quello che succede nel centrodestra. La Meloni ha centrato il suo obiettivo facendo capire il proprio peso e ridimensionando quello di Salvini che arranca. Il Pd prova ad approfittarne e propone i suoi nomi: Mattarella bis, Draghi, Amato, Casini, Cartabia, Riccardi. Una rosa ampia in cerca di un nome condiviso da tutti ora che sembra essere sfumata l’idea di un presidente di bandiera per il centrodestra. Salvini li rifiuta in blocco ma nella notte qualcosa si muovo e le quotazioni di Casini, di cui da giorni parliamo come il più quirinabile, salgono tanto da portare il sito “Open” a titolare questa mattina “Centrodestra su Casini al Colle, Draghi è la carta di riserva”.
Come se si fossero azzerati gli ultimi due giorni. Come se fossimo ancora a martedì mattina i due nomi più papabili, dopo giorni in cui di nomi ne sono stati fatti tanti, sono ancora loro due. E ora che succede? Questa mattina i leader di centrodestra si incontrano per decidere il da farsi e trovare un accordo per lo meno tra di loro. A Forza Italia il nome dell’eterno centrista piace e non poco, a Salvini meno tanto da definirlo “un candidato di sinistra eletto con il PD”. Ma se nel centrodestra si fatica a convergere sul nome di Casini, nel centrosinistra le cose non vanno meglio con diversi deputati cinque stelle assolutamente contrari alla sua elezione e che sarebbero addirittura pronti a lasciare la maggioranza in caso di salita al Colle dell’ex UdC.
Ieri doveva essere la giornata della svolta ma si è rivelata quella del terremoto. Le carte ora sono sparigliate e vanno messe in ordine. Per chi ama la politica e ne segue i retroscena, la giornata di ieri è stata forse una delle più avvincenti e divertenti da diverso tempo a questa parte, certo. Ma la situazione a tarda notte, quando tutto si è concluso, era certamente drammatica. Servirà, presumibilmente tutta la giornata di oggi per rimettere insieme i pezzi di un puzzle andato in frantumi quando sembrava bastassero poche tessere per completarlo. Così nella quarta votazione, che inizia in questi minuti, dovrebbero prevalere le schede bianche mentre fuori dal palazzo i leader dei vari schieramenti cercheranno di trovare una quadra per arrivare a domani con un nome da votare. Oggi è il giorno in cui, insomma, si contano i danni più dei voti. Si capisce cosa è effettivamente rotto e cosa è solo incrinato. Si capisce, insomma, se c’è spazio per un dialogo.
Le immagini che resteranno:
- L’assenza: Sono le 14.15, a montecitorio inizia lo scurtinio della terza votazione ma sullo scranno del presidente c’è solo Fico. La Casellati si aggiunge in un secondo momento. Qualcuno vede quel ritardo come il frutto di un confronto con Salvini in vista della “spallata”.
- Succede anche questo: Durante la maratona mentana Beppe Grillo chiama in diretta il direttore del tg la7 per aggiornarlo sulla posizione del Movimento 5 Stelle su Mario Draghi.
- Ovunque Proteggi: In aula durante la terza votazione inizia a circolare un santino raffigurante il presidente Mattarella con saio e aureola. Un attestato di stima, l’ennesimo, per uno dei presidenti più amati nella storia del paese.
