Dal caso Moro alla NCO: storia e segreti di Raffaele Cutolo

“Mi scervello e m’asciugo la fronte
Per fortuna c’è chi mi risponde
A quell’uomo sceltissimo immenso
Io chiedo consenso a don Raffae”
Non misteri ma prove. È questo quello che Raffaele Cutolo porterà con sé nella tomba. Perché di quello che ha fatto quel don Raffaè cantato da Faber si sa molto anche se nulla è stato detto. “Son sepolto vivo in una cella” aveva dichiarato nel 2015 “ma se esco e parlo crolla il Parlamento”. Con lui se ne va un uomo che avrebbe potuto far luce su alcuni dei principali misteri della storia italiana, oltre che su tante vicende di camorra. Si definiva un “Robin Hood” dei giorni nostri ma altro non era che un sanguinario boss in grado di ordinare oltre mille omicidi. Depositario di segreti e misteri su una politica compromessa e complice. Uomo di potere e di violenza. Idolatrato dai suoi seguaci, temuto dai suoi rivali, troppo spesso poco combattuto dallo stato.
NCO – “La vera camorra sta a Roma, mica qua” diceva Cutolo. Ma la camorra, quella più vera e sanguinaria, stava proprio a Napoli. E lui ne è stato uno dei volti più iconici e brutali. La sua “carriera” criminale ha inizio nel 1963 con l’omicidio di Mario Viscito, colpevole di aver offeso la sorella Rosetta. Da latitante, tra il 1970 e il 1971 incontrò i capi delle ‘ndrine calabresi che gli suggeriscono di dar vita a una vera struttura criminale organizzata, come quelle della ‘ndrangheta e di Cosa nostra. Quell’idea stuzzicò particolarmente Cutolo, studioso e nostalgico della camorra delle origini di cui rimpiangeva i fasti, tanto da convincerlo a provare a realizzarla. Arrestato nel 1971 fondò dal carcere di Poggioreale la Nuova Camorra Organizzata basata sui meccanismi piramidali (picciotto, camorrista, sgarrista, capozona e santista) simili a quelli delle altre mafie, con l’affiliazione attraverso rituali di ispirazione massonica e un forte culto della personalità del capo: ovviamente Raffaele Cutolo. Da un lato propensa agli affari e al mondo imprenditoriale, dall’altro organizzata con una forte struttura paramilitare con quella base di picciotti giovani e spietati, reclutati nel sottoproletariato che punta al riscatto e al denaro facile.
Trasferito dal carcere ad un ospedale psichiatrico nel 1977, Cutolo evase l’anno successivo tornando latitante e potendo per la prima volta vivere da uomo libero la sua nuova creatura. Prese rapporti con la criminalità milanese e romana e inondò di cocaina le strade di Napoli rendendo la NCO uno dei principali soggetti dell’arcipelago di clan di camorra. Negli anni successivi la nuova camorra organizzata cresce a dismisura occupando tutti i settori dell’economia legale ed illegale. La popolarità di Cutolo è alle stelle. Tratta da pari con Cosa nostra, stringe legami con il mondo politico e imprenditoriale. “Dicono che ho organizzato la nuova Camorra.” Disse allo storico Isaia Sales “Se fare del bene, aiutare i deboli, far rispettare i più elementari valori e diritti umani che vengono quotidianamente calpestati dai potenti e ricchi e se riscattare la dignità di un popolo e desiderare interamente un senso vero di giustizia, rischiando la propria vita per tutto questo, per la società vuol dire camorra, allora ben mi sta quest’ennesima etichetta”. Ma quel novello Robin Hood si era spinto oltre. Aveva invaso gli spazi occupati dagli altri clan, territorialmente e economicamente.
Nacque così la più sanguinosa guerra di mafia che il nostro paese abbia mai vissuto. La lotta tra la Nuova Camorra Organizzata e la Nuova famiglia, cartello di clan unitisi per contrastare Cutolo, si protrasse per anni con una fase particolarmente acuta ad inizio anni ’80: le vittime furono 295 nel 1981, 273 nel 1982, 290 nel 1983. Una mattanza. La decisione di Sandro Pertini di isolare il boss nel carcere dell’Asinara incrinò però il suo prestigio. La sua influenza iniziò ad assottigliarsi. Molti dei suoi uomini capirono che era l’inizio della fine. Molti si dissociarono ed iniziarono a collaborare con la giustizia. Proprio dalle parole di alcuni pentiti si giunse al “venerdì nero della camorra”: il 17 giugno 1983, lo stato decise di farsi sentire con 856 mandati di cattura per gli uomini di don Raffaè. La NCO fu disarticolata. L’esperimento finì in quell’istante. Cutolo, isolato, aveva perso la sua creatura.
I sequestri – Ma i segreti che Cutolo si porta nella tomba riguardano i suoi rapporti con lo stato. Alle 21,45 del 27 aprile 1981 nel garage di via Cimaglia a Torre del Greco, Napoli, le Brigate Rosse sequestrano l’assessore regionale all’Urbanistica, Ciro Cirillo. Cinque persone lo attendono nell’oscurità e quando ne vengono fuori stanno già sparando. Muoiono Luigi Carbone, agente di scorta, Mario Cancello, autista. Ciro Cirillo fu prigioniero delle Brigate Rosse per ottantanove giorni. In quegli ottantanove giorni, però, un ruolo centrale lo svolse proprio Raffaele Cutolo. Fu proprio lui, contattato da politica e servizi segreti, a curare per conto dello stato la trattativa con le Br per il rilascio di Cirillo. Una trattativa che si concluse inevitabilmente con il rilascio dell’ostaggio dietro il pagamento di un riscatto di 1 miliardo e 400 milioni di lire. “Non potevano rifiutare” rivelò Cutolo nel 2016 in un interrogatorio “eravamo più forti dentro e fuori dal carcere. Avrebbero perso”.
Ma tra i misteri ne rimane uno ancora più grande: “Potevo salvare Aldo Moro come feci con Cirillo ma fui fermato” raccontò il 25 ottobre del 2016 alla pm Ida Teresi e al capo della Dda, Giuseppe Borrelli “mi proposi come intermediario ma i politici mi dissero di non intromettermi. Per Ciro Cirillo si mossero tutti, per Aldo Moro nessuno, per lui i politici mi dissero di fermarmi, che a loro Moro non interessava”. Un’altra storia che non troverà mai conferma in nessun atto ufficiale. Perché in questi anni, Cutolo non ha mai collaborato con la giustizia. Ogni tanto si vociferava di una sua imminente decisione di rilasciare dichiarazioni, ma era sempre lui a smentirle in prima persona. “Secondo lei è morale fare arrestare 500 persone innocenti o colpevoli per andare a letto con la moglie o l’amante, pagati e protetti dallo Stato? È da anni che i magistrati cercano di convincermi. E sono orgoglioso di aver sempre resistito alla tentazione”. Una volta sembrò cedere, era il 1994, ma intervennero i servizi segreti, come raccontò nel 2010 l’ex capo della Dda di Napoli, Franco Roberti, poi procuratore nazionale antimafia. Così, o’ professore, non ha mai tenuto la sua lezione. Non ha mai parlato, portando con se le prove di tanti misteri ancora irrisolti.