Mascherine tricolori e bandiere nere

“Ogni falsità è una maschera,
e per quanto la maschera sia ben fatta,
si arriva sempre, con un po’ di attenzione,
a distinguerla dal volto”
-Alexandre Dumas-
Da due settimane scendono in piazza e promettono di farlo ogni sabato, in tutta Italia, per protestare contro la “dittatura sanitaria” imposta dal governo. Mascherina tricolore calata sul viso, petto in fuori e schieramenti a falange nel rispetto delle misure sul distanziamento sociale. Si presenta così il movimento delle “Mascherine Tricolori” che da alcune settimane ha iniziato sui social e su vari gruppi Telegram a chiamare a raccolta i cittadini per una ribellione contro le misure di prevenzione disposte, secondo loro in modo illegittimo, dal governo.
Chi sono – “Ricordo a tutti che non interessano o prevalgono colori politici. Chi è qui e vuole scendere in piazza condivide l’amore per l’Italia ed ha il tricolore come bandiera”. Recita così un messaggio inviato sul gruppo nazionale Telegram, che conta 6127 iscritti, da uno degli organizzatori delle manifestazioni che si cela dietro il nickname di “Mask451”. Ma quella realtà sbandierata come apolitica ed apartitica appare sempre più come una rete nera dell’estrema destra italiana. Basta infatti scorrere i messaggi sui vari gruppi Telegram per smentire la tesi secondo cui “non prevalgono colori politici”. Tra chi entra nel gruppo mandando “un saluto (romano) a tutti”, chi preferisce esordire con un “Presente!” accompagnato dalle emoticon del braccio teso e chi ancora sfoggia come immagine del profilo simboli, loghi e immagini legate ai movimenti neofascisti italiani. Se “non interessano” le idee politiche appare evidente come dietro il movimento delle mascherine si celi una regia di estrema destra. Perché se chi decide di entrare nelle decine di gruppi Telegram (oltre a quello nazionale ve ne sono per ogni città) sembra avere un’ideologia ben precisa, lo stesso si può dire per chi quei gruppi li gestisce e chi li sprona nelle piazze.

A Roma, ad esempio, dai video diffusi dalle pagine social del movimento si vede chiaramente come a prendersi la scena, coordinando il flash mob nazionalista, sia Mauro Antonini. Responsabile della falange laziale di CasaPound, Antonini è salito agli onori delle cronache nell’aprile scorso quando animò le proteste di Torre Maura per il trasferimento di un centinaio di migranti in una struttura della zona. “Quando mi dicono che sarò indagato per odio razziale, a parte che per me è una medaglia, ma mi viene da ridere” disse in quell’occasione alle telecamere diventando simbolo di quell’estrema destra che si batte contro l’immigrazione. Ma come Antonini sono decine e decine i dirigenti e gli esponenti di spicco del partito tartarugato che si nascondono dietro un meno evidente tricolore. Se difficile è scorgere la vera identità di quel “Mask 451” che monopolizza la comunicazione sui canali Telegram mostrandosi come vero e proprio leader, meno difficile è scovare un altro pezzo da novanta della destra italiana. Dall’analisi dei metadata dei PDF diffusi sui canali Telegram, in cui viene riportato il mascherin pensiero, spunta il nome di Simone di Stefano come autore dei documenti. Non un nome da poco conto e nemmeno uno di quelli a cui “non interessano i colori politici”. Di Stefano è vicepresidente nazionale di CasaPound secondo solamente, ma nemmeno così tanto, al leader Iannone. Lo stesso Di Stefano che si vanta di avere in mano “cinque giornalisti di punta in Rai, più una quarantina in varie redazioni locali” e che vorrebbe lanciare l’assalto sovranista al servizio pubblico. Lo stesso di Stefano che nel 2008 proprio negli uffici della Rai fece irruzione con un manipolo di estremisti e minaccio giornalisti e operatori della trasmissione “Chi l’ha visto?” dopo un servizio sulle violenze dell’estrema destra a Piazza Navona. Lo stesso Di Stefano condannato a un anno e sei mesi nel novembre scorso e su cui gravano 16 procedimenti pendenti.
Insomma, dietro quelle mascherine sembra sempre più celarsi il volto dell’estrema destra italiana. Ma perché l’estrema destra si nasconde dietro un vessillo non suo?
Cosa fanno – Quello delle mascherine tricolori sembra essere un vero e proprio tentativo di fare proseliti tra chi quei partiti dell’estrema destra non li ha sostenuti fino ad ora. Presentarsi nelle piazze con bandiere e simboli di CasaPound o del Blocco Studentesco, per dirne due, limiterebbe ai soli militanti e simpatizzanti la partecipazione. Nascondersi dietro mascherine tricolori, con continui rimandi al “popolo” e al “lavoro da salvare”, li aiuta a far cadere nella loro rete quegli italiani stanchi e in situazione di crisi a causa del lockdown. E se oggi quegli italiani sono in piazza con le mascherine domani potrebbero andare ad ingrossare le fila dell’estrema destra che, una volta gettata la mascherina, è pronta a mostrare la sua vera identità.

Una vera e propria operazione di marketing, insomma, che ha portato ad un cambiamento radicale nelle modalità con cui manifestare. Se prima le azioni dell’estrema destra erano condotte in aree periferiche ed una massiccia comunicazione social, ora sembra essere l’esatto opposto. Le mascherine si radunano nelle piazze più centrali o simboliche delle città, da piazza Giulio Cesare a Milano a piazza Cavour a Napoli, e sfidano il lockdown schierati immobili, quasi militarmente, mentre un leader autodefinito legge un comunicato diverso ogni sabato. Nessun rimando ai partiti della destra, anche se chi legge è ad essi legato, nessuna comunicazione sui canali social dei vari gruppi se non su quello delle mascherine che contano circa 8.000 seguaci su Facebook. Alla comunicazione social si preferisce, questa volta, quella stampa tradizionale che da lungo tempo viene osteggiata da quelle stesse formazioni oltranziste ma che può far maggiormente presa sulle classi sociali a cui ambiscono. Così la pagina social delle mascherine brulica di link ad articoli che ne parlano, di foto, di rimandi a testate che pubblicano notizie sulle loro manifestazioni.
Linguaggio – Ma se cambiano le modalità, non cambia il linguaggio usato. A partire da quei documenti, redatti come detto da Di Stefano, che vengono diffusi sui gruppi Telegram e letti nelle piazze. Documenti in cui si ritrovano quelle teorie complottiste e populiste che dall’inizio dell’emergenza sanitaria stanno caratterizzando i movimenti della destra italiana e non solo. Una retorica fatta di accuse ad una “politica incapace che ora rischia di farci morire di fame” e che ha “deciso che l’Italia deve fallire, che l’Italia deve uscire in ginocchio da questa crisi”. Una politica a cui bisogna ribellarsi facendo ritornare “la parola al popolo”. Ed è proprio il popolo, secondo il documento, che deve ribellarsi “ad una dittatura sanitaria che sembra uscita da un film di fantascienza, ad aspettare la diretta Facebook di un premier che ci riempie di cazzate e ci tratta come bambini” e deve farlo per “salvare la Nazione”. Popolo, lavoro e Nazione, con l’iniziale rigorosamente maiuscola. Sono queste le parole chiave di un movimento che anche nel linguaggio non riesce a staccarsi dalla retorica nazionalista ed oltranzista tipica della destra italiana che da mesi rilancia questi proclami.
E come se non bastasse, su Telegram arriva l’ennesima chiamata ad una nuova marcia su Roma. “L’obiettivo è tutti a Roma.” scrive il solito Mask 451 “e ci arriveremo passo dopo passo. Crescendo di sabato in sabato.” Insomma, non serve poi molto per distinguere la maschera dal vero volto di un movimento che pur professandosi lontano da ogni ideologia politica ne è intriso fino in fondo. Una vera e propria rete nera celata in modo maldestro dietro un tricolore che non riesce a coprirla del tutto. Una rete nera che sfida il lockdown per fare proseliti, sfruttando difficoltà economica, incertezza e paura per espandere la propria presenza e mostrare il proprio potere. Un potere nero.
Tutte le associazioni collaterali a CasaPound lavorano così, fingono di essere slegate dal partito ma ne sono espressione diretta.
Comunque questa mi pare un’operazione più “spinta”, sempre con la solita furbizia però ad ampio raggio. Funzionerà solo se arriveranno – come ospiti e non solo ripresi nei servizi – in tv; cosa che ovviamente accadrà, perché abbiamo dei media incapaci di un pensiero proprio e di compiere delle scelte ponderate.
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