Youth of Sumud – Quando esistenza significa resistenza
La sfida dei giovani palestinesi che tornano ad abitare le grotte di At-Tuwani per resistere all’espansione coloniale dell’insediamento israeliano di Ma’on

Ci troviamo ad At-tuwani, villaggio palestinese incastonato fra le pendici delle colline a sud di Hebron, in Cisgiordania. È uno di quei villaggi della cosiddetta “Area C” che, secondo la divisione amministrativa stabilita dagli Accordi di Oslo del ’93, designa il controllo esclusivo israeliano della zona, sia militare che civile.
Gli abitanti di At-tuwani e dei villaggi limitrofi sono in gran parte pastori e agricoltori, circondati da un paesaggio collinare arido, con sfumature che variano dal grigio delle pietre, al marrone-giallo della terra, al verdone di qualche solitario cespuglio. In un paesaggio così desolato distinguono zone, precisamente delineate, particolarmente folte di una vegetazione rigogliosa. Sono le aree abitate dai coloni israeliani nell’insediamento di Ma’on e nell’avamposto di Havat Ma’on, situato a soli 500 metri da At-tuwani. La differenza fra un insediamento e un avamposto israeliano è principalmente che il primo è ritenuto illegale dal diritto internazionale delle Nazioni Unite, ma legale dal punto di vista del diritto israeliano, al contrario, il secondo – l’avamposto – è illegale per entrambe le fonti del diritto.
I TRASCORSI – Le storie di At-tuwani, e di un altro di questi villaggi, Sarura, altro non sono che ennesime storie di gente semplice e di resistenza nonviolenta che chiedono a gran voce di essere raccontate e denunciate. Sarura è stato uno dei tanti posti da cui, verso la fine degli anni ’90, i residenti sono stati evacuati a seguito della costruzione di due insediamenti israeliani che hanno reso la quotidianità dei pastori palestinesi insopportabile a tal punto da dover abbandonare le proprie case. L’arrivo dei coloni in queste aree ha infatti portato con sé la brutalità di un’occupazione con violenze su tutta la popolazione, bambini inclusi, arresti arbitrari, demolizioni di case e strutture pubbliche, attacchi ai greggi, e privazione di acqua ed elettricità.
Con la costruzione nel 2001 dell’avamposto di Ma’on Farm, lungo la strada dove è situata la scuola frequentata da bambini provenienti da diversi villaggi, sono cominciati una serie di attacchi agli studenti diretti all’istituto. Violenze ed aggressioni sempre più frequenti da parte dei coloni tanto da costringere, nel 2004, diverse organizzazioni internazionali, tra cui ‘Christian Peacemaker Teams’ e ‘Operazione Colomba’, a scortare i bambini palestinesi lungo questo tragitto. Un’esperienza che non ha però fermato le violenze continuate anche ai danni dei volontari con due membri delle associazioni rimasti vittime delle aggressioni dei coloni. Un’episodio che ha convinto il Comitato per i Diritti dell’Infanzia del Parlamento israeliano (Israeli Knesset Committee for Children’s Rights) a decretare che una scorta armata dell’esercito israeliano accompagnasse i bambini palestinesi lungo questo tratto di strada. La scorta militare non ha però fermato le aggressioni ai bambini anche a causa di inadempienze ripetute. Spesso infatti chi avrebbe dovuto accompagnarli non si presenta o arriva con forti ritardi, causando così la perdita di ore e giorni di scuola ai bambini dei villaggi delle colline del sud di Hebron.

YOUTH OF SUMUD – Nel 2017 è nato un collettivo di giovani palestinesi, Youth of Sumud, dalle figlie e i figli degli attivisti nonviolenti del Comitato di Resistenza Popolare che per anni è riuscito a respingere i tentativi di evacuazione di At-tuwani, e di altri villaggi situati sulle colline a sud di Hebron, organizzando attività di solidarietà e resistenza nonviolenta per contrastare le politiche espansionistiche di colonie e avamposti israeliani. Negli ultimi anni, infatti, i coloni di Ma’on e Havat Ma’on continuano a pianificare l’espansione dei propri insediamenti incrementando le demolizioni, gli arresti e le violenze a danno dei palestinesi e moltiplicando significativamente il loro numero di abitanti. Mentre le politiche coloniali spinte dal fine ultimo di allontanare tutti gli abitanti palestinesi da quest’area aumentano, i ragazzi di YOS cercano di riappropriarsi e riportare in vita il villaggio evacuato di Sarura, tornando ad occupare le grotte in cui i pastori vivevano prima di essere costretti ad abbandonare il villaggio. È quello che hanno ribattezzato come “Sumud Freedom camp”, una semplice grotta riaperta e animata e vissuta dai ragazzi di YOS che è diventata così il simbolo della lotta nonviolenta e incessante delle generazioni delle colline a sud di Hebron. Il simbolo di un passaggio da una generazione che quelle grotte le abitava ed una che non le vuole lasciare, che vuole riappropriarsene per ribadire la propria identità. Una lotta fragile ed estenuante ma potente, in grado di costituire un esempio di speranza e perseveranza per tutti gli altri palestinesi costretti ad abbandonare le loro terre.
PERCHE’ ESISTENZA È RESISTENZA – Sumud è una parola araba che rispecchia sia una strategia politica che una determinata ideologia nata per la prima volta dalle pratiche di resistenza emerse dopo la Guerra dei Sei Giorni. Sumud può essere tradotto letteralmente con fermezza, perseveranza, tenacia, determinazione ma anche resilienza. L’ideologia dietro questo termine è esattamente quella dei ragazzi di YOS, vale a dire semplicemente esistere sulle proprie terre ed affrontare la quotidianità nonostante le violenze e gli ostacoli, al fine di resistere l’occupazione israeliana. Sumud è quindi attaccamento alla propria terra, che si declina in attaccamento alla propria storia e alla propria cultura, e mira quindi a una più alta affermazione identitaria. Ed è così che per i ragazzi di YOS cucinare, mangiare, ballare e dormire al Sumud Freedom Camp costituisce sia un atto di resistenza alle mire espansionistiche israeliane, e in particolare all’avamposto che si erge esattamente di fronte alla collina su cui si situa la grotta riaperta, sia un atto di affermazione identitaria palestinese.
Author: Morgane Afnaim