Stai andando bene Giovanni. Ode a Truppi e al suo Sanremo

Nel Festival degli eccessi dominato da look estremi, “Papalina” e “Fantasanremo”, c’è un artista che ha portato sul palco nient’altro che se stesso. Giovanni Truppi e la sua musica troppo spesso non sono stati capiti ma hanno regalato emozioni.

“Stai andando bene Giovanni, dai che ce la puoi fare” canta Truppi in uno dei suoi brani. Stai andando bene Giovanni. Ed è proprio così. Giovanni Truppi ha portato sé stesso sul palco dell’Ariston contro tutto e contro tutti. Contro le critiche del web che per una settimana ha sottolineato quella sua timidezza, quel suo modo di vestire così lontano dai canoni di un Festival in cui gli eccessi sono diventati la regola. Contro un Amadeus che nella serata finale ha provato in ogni modo, senza riuscirci, a farlo uscire da quei binari rincarando la dose su un look sempre uguale a sé stesso ma unico e potente come mai. Perché quello è Giovanni Truppi. Ed è stato proprio lui a spiegarlo a tutti una volta per tutte: “Io mi esibisco con la canotta da quando sono ragazzo, e perché cambiare adesso”. Come a dire “io sono questo, e su questo palco voglio portare me stesso”. E su quel palco, Giovanni, ha portato sé stesso per davvero.

Nato a Napoli nel 1981, a sette anni inizia suonare muovendo i primi passi in un mondo che non lascerà mai diventando con il tempo polistrumentista, cantante ed autore. Ad oggi Giovanni Truppi è uno degli artisti più completi del panorama italiano, con le radici ben salde nella tradizione del cantautorato italiano degli anni ’70. Da De Andrè, non a caso portato sul palco dell’Ariston nella serata delle cover, a Conte e Battiato. La musica di Truppi rimanda a tempi lontani con testi profondi che alternano il cantato al parlato con un’armonia antica che sa di tradizione. A 40 anni ha già all’attivo cinque album, uno più bello dell’atro, di ispirazione romantica, personale. Intima. Con una qualità sopraffina e melodie da club Tenco Giovanni Truppi descrive il suo mondo a modo suo. Un modo quasi fatato che accompagna chi lo ascolta a scoprirne gli angoli più profondi e ad accarezzare sensazioni uniche. Quello di Truppi è un cantautorato così lontano da derive moderne da essere senza tempo. E per questo, forse, non capito.

Non capito da quel pubblico che per giorni ha criticato una canottiera senza, troppo spesso, capire la profondità di un testo che fa emozionare. Una canzone d’amore sincera e ricca di chiaroscuri, scritta con Niccolò Contessa de I Cani, Pacifico, Marco Buccelli e Giovanni Pallotti. Una canzone che parla di lui, della sua vita. Una dichiarazione d’amore unica e profonda alla moglie e alla figlia Lucia. Perché è da li che devono nascere le canzoni, dall’esperienza di ciascuno. E lo ha spiegato benissimo lo stesso Truppi in un’intervista a Fanpage: “La vedo come una canzone in connessione con le cose che ho scritto e sicuramente è legata all’avanzamento della mia età, ma in senso buono, faccio esperienze e mi incuriosiscono cose diverse e nuove.” E dalla sua esperienza Giovanni ha pescato sempre, anche in una serata cover in cui coraggiosamente ha deciso di portare sul palco uno dei brani più belli di Fabrizio de Andrè. Con un gigante della musica come Vinicio Capossela al suo fianco, Truppi è rimasto sé stesso. Con una canotta rossa il un cuore anarchico di Goliardo Fiaschi puntato sul petto ha reinterpretato in maniera sublime il testo di Faber.

Nell’era degli influencer lo spazio per un artista come Truppi, insomma, sembra risicato. E lo dimostra una classifica ingrata al termine del’ultima serata. Ma la sua musica rimane uno dei gioielli più preziosi di questa edizione del Festival. Per cui non ti preoccupare: “Stai andando bene, Giovanni”.

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