Perchè il Ministero della Transizione Ecologica non sarà “super”

“Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”


Questa settimana molto si è detto sulla nascita, per la prima volta in Italia, di un Ministero della transizione ecologica. Complice la scelta del Movimento 5 Stelle di inserirlo come uno dei punti nel quesito posto agli elettori su Rousseau, infatti, il nuovo ministero ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e la decisione di affidarlo a Cingolani ha spiazzato quanti erano ormai convinti sarebbe finito ai pentastellati che durante le consultazioni avevano inserito la nascita del nuovo dicastero tra i punti necessari per un sostegno al governo Draghi.

Ministero – L’improvvisa insistenza con cui il Movimento ha chiesto, ponendolo di fatto come una condizione, la nascita di un Ministero della Transizione Ecologica ha stupito tutti, soprattutto se si considera che mai prima d’ora l’idea non era mai emersa nei governi giallo-verde e giallo-rosso. Sta di fatto che la richiesta è arrivata ed è stata accettata dal premier Draghi che, con il giuramento di ieri, ha di fatto istituito per la prima volta in Italia il nuovo dicastero. Quello di una transizione ecologica, in ogni caso, è da tempo un concetto centrale ribadito più volte dai movimenti ambientalisti: la trasformazione del sistema produttivo verso un modello più sostenibile, che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone. Di questo, di fatto, si occuperà il nuovo ministero che avrà il compito di ideare di concerto con il ministero dello sviluppo economico modalità di transizione ad un sistema produttivo ed economico sempre più sostenibile.

Di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, però. Perché se nel quesito proposto su Rousseau si parlava di super-Ministero, nella realtà il nuovo dicastero non avrà nulla di super e non ci sarà (come si aspettavano sia i 5 stelle che i movimenti ambientalisti) quel matrimonio tra Mise e Ministero dell’ambiente volto a far nascere un “Ministero della Transizione Ecologica” che avesse piene competenze in ambito ambientale ed economico. Se ancora sono poco definiti i contorni del nuovo dicastero, quello che ad oggi si sa è che sostituirà il ministero dell’Ambiente e che per risultare realmente incisivo dovrà trovare una strada comune con il Mise guidato da Giorgetti (Lega). Il rischio di una mancata collaborazione da parte del Ministero dello sviluppo economico è quello di ripetere il fallimento della Francia. Oltralpe, infatti, il ministero della Transizione Ecologica esiste già dal 2017 ma gli ostacoli per una reale attivazione sono stati tanti, tanto che nel 2018 il ministro Nicolas Hulot si dimise in polemica con il governo colpevole di averlo lasciato solo senza metterlo in condizione di lavorare.

Cingolani – Si spera, ovviamente, che lo stesso non accada a Roberto Cingolani, nominato da Draghi come primo ministro nella storia del nostro paese alla Transizione Ecologica. Laureato in fisica all’Università di Bari, nel 1989 Cingolani ha conseguito il diploma di perfezionamento alla prestigiosa Scuola normale superiore di Pisa. Ha lavorato all’istituto Max Planck di Stoccarda, una delle principali istituzioni tedesche nel campo della ricerca di base, e allo Human Technopol di Milano. Nel 2005 è stato chiamato a gestire l’allora appena nato Istituto italiano di tecnologia, oggi un centro di ricerca di rilevanza internazionale, del quale è stato direttore scientifico fino al 2019, anno in cui è diventato chief technology and innovation officer della Leonardo spa, un’azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza.

Proprio questo ultimo e prestigioso incarico ha fatto però storcere il naso a molti per il ruolo della Leonardo (ex Finmeccanica) di leader italiano ed europeo nella produzione e vendita di armi. Altri, invece, hanno sottolineato come nel suo curriculum, seppur di innegabile prestigio, manchino competenze specifiche in tema di ambiente e clima. I dubbi, insomma, restano parecchi. Riuscirà il nuovo Ministro a dirimerli? Riuscirà a trovare un punto di incontro con il collega Giorgetti per elaborare una vera strategia di transizione ecologica che non resti solo sulla carta? È ancora presto per dirlo, il tempo ci darà le risposte che cerchiamo.

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